Una recentissima indagine realizzata dal Censis nel 2008 mette sotto la lente di ingrandimento gli atteggiamenti dei clienti nei confronti degli avvocati, ed analizza la percezione ed il gradimento di un campione di popolazione (composto da 1500 persone) che ha avuto esperienza diretta di prestazioni legali negli ultimi 10 anni. La ricerca è stata commissionata dal Consiglio Nazionale Forense e presentata nel corso del XXIX congresso dell’avvocatura tenutosi il 14 novembre 2008.
Tra i numerosi elementi positivi messi evidenziati dall’indagine, emerge un diffuso riconoscimento del valore sociale dell’avvocatura, ad esempio il 36,2% della clientela attribuisce all’avvocato un ruolo centrale poiché lo ritiene un professionista che riesce a fornire certezze. In tal senso la figura dell’avvocato risponde ad un bisogno di sicurezza sociale infatti gli viene riconosciuta una funzione di tutela dei diritti fondamentali del cittadino dal 38,7% degli intervistati.
Attraverso la ricerca vengono inoltre sfatati alcuni luoghi comuni riguardanti in particolar modo le tariffe. E’ stato rilevato che le parcelle degli avvocati non hanno costi tali da scoraggiare il ricorso a questo professionista, difatti solo il 6,3% ha cambiato avvocato a causa di tariffe troppo care.
Nella maggioranza dei casi e’ stata riscontrata una chiarezza elevata sulle tariffe praticate nonostante una minoranza abbastanza consistente (17,9%) la considera scarsa.
Il 58,1% ritiene che la giustizia non costi tanto a causa degli avvocati, comunemente ritenuti colpevoli di aggravare i tempi di attesa dei giudizi per trarne un vantaggio economico.
Mentre l’87,3% dei clienti non giudica meno competente un avvocato che pratica tariffe più basse poiché credono che la preparazione possa essere valutata attraverso altri elementi.
Nonostante un esteso apprezzamento, la ricerca porta alla luce anche delle criticità. Queste emergono soprattutto sul piano della “percezione” della qualità del servizio, aspetto che prescinde dal risultato oggettivo della prestazione. Il 55,8% degli intervistati ritiene che gli avvocati pensino solo al profitto. La verità è che al centro dell’interesse del cliente è l’attenzione che l’avvocato riserva alla sua soddisfazione, vale a dire, la continuità nell’assistenza, la capacità di comprendere i suoi bisogni, la tutela della sua riservatezza.
Questo suggerisce agli avvocati di prestare più attenzione alla gestione della relazione con il cliente, sia nel momento in cui il servizio viene erogato che nella fase “post-vendita”, cioè una volta conclusasi la prestazione.
L’indagine analizza infine delle potenziali linee di impegno per gli studi legali ed individua nella pubblicità informativa una delle sfide con cui gli avvocati dovranno confrontarsi. La pubblicità come fonte di informazione è uno strumento ancora poco utilizzato ma che racchiude delle potenzialità da non sottovalutare se non si vuole lasciare “un vuoto che altri potrebbero riempire”. Così cita la ricerca, auspicando una crescita della comunicazione e dell’informazione al cliente “che apprezza sicuramente lo sbassamento della soglia di informazione - anche sotto forma di cataloghi ad hoc sui servizi che si può attendere dall'avvocato”.
Tra i numerosi elementi positivi messi evidenziati dall’indagine, emerge un diffuso riconoscimento del valore sociale dell’avvocatura, ad esempio il 36,2% della clientela attribuisce all’avvocato un ruolo centrale poiché lo ritiene un professionista che riesce a fornire certezze. In tal senso la figura dell’avvocato risponde ad un bisogno di sicurezza sociale infatti gli viene riconosciuta una funzione di tutela dei diritti fondamentali del cittadino dal 38,7% degli intervistati.
Attraverso la ricerca vengono inoltre sfatati alcuni luoghi comuni riguardanti in particolar modo le tariffe. E’ stato rilevato che le parcelle degli avvocati non hanno costi tali da scoraggiare il ricorso a questo professionista, difatti solo il 6,3% ha cambiato avvocato a causa di tariffe troppo care.
Nella maggioranza dei casi e’ stata riscontrata una chiarezza elevata sulle tariffe praticate nonostante una minoranza abbastanza consistente (17,9%) la considera scarsa.
Il 58,1% ritiene che la giustizia non costi tanto a causa degli avvocati, comunemente ritenuti colpevoli di aggravare i tempi di attesa dei giudizi per trarne un vantaggio economico.
Mentre l’87,3% dei clienti non giudica meno competente un avvocato che pratica tariffe più basse poiché credono che la preparazione possa essere valutata attraverso altri elementi.
Nonostante un esteso apprezzamento, la ricerca porta alla luce anche delle criticità. Queste emergono soprattutto sul piano della “percezione” della qualità del servizio, aspetto che prescinde dal risultato oggettivo della prestazione. Il 55,8% degli intervistati ritiene che gli avvocati pensino solo al profitto. La verità è che al centro dell’interesse del cliente è l’attenzione che l’avvocato riserva alla sua soddisfazione, vale a dire, la continuità nell’assistenza, la capacità di comprendere i suoi bisogni, la tutela della sua riservatezza.
Questo suggerisce agli avvocati di prestare più attenzione alla gestione della relazione con il cliente, sia nel momento in cui il servizio viene erogato che nella fase “post-vendita”, cioè una volta conclusasi la prestazione.
L’indagine analizza infine delle potenziali linee di impegno per gli studi legali ed individua nella pubblicità informativa una delle sfide con cui gli avvocati dovranno confrontarsi. La pubblicità come fonte di informazione è uno strumento ancora poco utilizzato ma che racchiude delle potenzialità da non sottovalutare se non si vuole lasciare “un vuoto che altri potrebbero riempire”. Così cita la ricerca, auspicando una crescita della comunicazione e dell’informazione al cliente “che apprezza sicuramente lo sbassamento della soglia di informazione - anche sotto forma di cataloghi ad hoc sui servizi che si può attendere dall'avvocato”.
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